26 Ottobre 2022
- Pubblicato il:Nei primi nove mesi del 2021, 6.700 imprese hanno dichiarato fallimento (+43,6% anno su anno, ma più basso del 16% rispetto al pre-pandemia: questo è dato dal fermo dell’attività dei tribunali durante il lockdown). Il 29% delle aziende fallite apparteneva al commercio, il 24% ai servizi, il 18% all’edilizia e il 16% all’industria. Nei primi sei mesi del 2021 sono diminuite anche le aperture di nuove attività. A causa della crisi non sono nate circa 75 mila imprese di cui un terzo sarebbero state nel commercio e nel turismo.
La spesa media per e-shopper italiani è ormai significativa, pari a 1.608 euro nell’anno. Ma è l’estero la componente importante: il 67% degli utenti ha acquistato online da siti esteri e praticamente la totalità ha acquistato tramite marketplace: il 95% su Amazon, il 46% su eBay (in discesa dal 52% dell’anno precedente) e il 45% su Zalando.
Gli Stati europei, compreso quello italiano, hanno iniziato a muoversi a tutela delle società (e del fisco) locali. Lo hanno fatto tramite attività di boicottaggio contro marketplace accusati di vendere prodotti pericolosi, come il governo francese contro Wish, con multe per la gestione scorretta dei dati personali dei clienti, o infine con multe comminate per abuso di posizione dominante, come lo Stato italiano contro Amazon con la multa di €1,1 miliardi.
Dall’altro lato, nonostante la crescita importante dell’e-commerce in Italia, meno del 15% delle imprese guadagna almeno un euro su cento dall’e-commerce. In Europa la media è del 20%, con un picco del 37% in Danimarca. Questo dato conferma che al momento stiamo accusando i problemi del cambiamento di modalità di vendita, ma ad approfittarne sono in particolare le aziende oltralpe che vendono anche ai clienti italiani.
Rischiamo quindi di rallentare gli operatori statunitensi da una parte, aprendo la porta a quelli europei.
Si stima che questa trasformazione farà perdere al comparto del retail italiano 3,7 miliardi di euro nei prossimi 4 anni anche per via della compressione dei margini.
Sul fronte delle infrastrutture italiane stiamo vedendo miglioramenti importanti. Ad esempio, il 75% del totale delle linee a banda larga ha raggiunto velocità pari o superiori ai 30 Mbit/s migliorando di molto l’accesso a contenuti multimediali a supporto della vendita.
Internet è diventato anche luogo per informarsi, con il 30% della popolazione tra i 14 e gli 80 anni che si informa su Facebook, il 12,6% su Youtube, il 3% su Twitter. In linea generale i social media vengono utilizzati insieme ad altre fonti di informazione, ma per 4 milioni di italiani sono l’unica fonte.
A livello di visite, i marketplace più visitati dagli italiani nel 2021 sono stati Amazon.it (180,5 milioni di visite mensili), eBay Italia (76,9), Mediaworld (11.3), Unieuro (10,4), AliExpress (8,65), Zalando Italia (8,1), IBS (6,3), Decathlon (5,9), ePrice (5,15) ed Esselunga (5,1).
In Italia la diffusione dell’online tra la popolazione (dai 2 anni in su), nel mese di gennaio 2022, ha raggiunto quota 76,3% (+1,4% rispetto all’anno precedente) con 45 milioni di utenti unici mensili e un incremento di 300 mila. Un segno che riporta alla normalità la crescita che nell’anno precedente con il lockdown aveva portato 3,2 milioni di nuovi utenti internet. Gli utenti che accedono da smartphone sono 38,9 milioni (il 90% della popolazione maggiorenne). Nel giorno medio sono connesse 33,6 milioni di persone e il 77,9% lo fa da smartphone, per un tempo medio di 2 ore e 16 minuti.
Il valore del fatturato e-commerce in Italia nel 2021 è stimato in 64,01 miliardi di euro, con una crescita annuale del 33%, andando a consolidare gli oltre 3 milioni di nuovi clienti entrati sul mercato nel 2020 durante il lockdown.
Ed è proprio nel 2021 che abbiamo visto nel primo trimestre un forte incremento dell’e-commerce: l’Italia ha registrato un +78%, quarto Paese con il maggior aumento percentuale dopo Canada, Olanda e Regno Unito.
Il coronavirus ha continuato a determinare le sorti di molti operatori in positivo o negativo durante il 2021, ma in modo molto più attenuato rispetto all’anno precedente. Ad essere meglio impattati sono i settori di Alimentare e Casa-Ufficio e Arredamento. Ad aver continuato a subire le conseguenze sono stati in particolare Turismo e Mobilità. Chi dichiara un aumento del fatturato, in media lo ha visto crescere del 37% grazie al coronavirus. Chi ha perso business, in media ha lasciato sul campo il 34% del fatturato.
L’impatto del lockdown ha avuto un forte impatto sui rapporti di forza tra settori che sono in continua evoluzione. Il Tempo libero, da anni il settore più importante, continua ad esserlo e rappresenta il 48% del fatturato. L’incidenza positiva è data in particolare dalla crescita del gioco online, così come degli acquisti legati agli hobby e allo sport.
Al secondo posto nella distribuzione dei fatturati, salgono di una posizione i Centri Commerciali online con il 22%, contro il 21% dell’anno precedente. La crescita in termini di fatturato è del 40%.
Il Turismo è il settore più penalizzato, con una perdita nel 2020 del 58% ed una ripresa nel 2021 del 29%, non andando ancora a compensare l’impatto della pandemia. Come lo scorso anno rappresenta l’11% del fatturato totale, ancora lontano dal 26% del 2019.
A seguire le Assicurazioni che scendono leggermente in termini di share (4% sul totale) con una percentuale di crescita annua del 5%.
L’Elettronica di consumo cresce del 21% con un 4% sul totale fatturati; segue la Moda: stabile al 2% del totale, ma che continua la sua crescita con un +36% nel 2021 dopo il 14% nel 2020 rispetto al 2% del 2019.
Per l’Editoria le vendite online sono cresciute del 19% e il settore riesce a mantenere circa il 2% di share.
Chiudono la classifica Salute e Bellezza / Casa e Arredamento. Questi due settori pesano ancora molto poco sul totale, l’1% ciascuno, ma nel corso del 2021 sono cresciuti considerevolmente. Il primo è quello che ha registrato la crescita maggiore (dopo il settore Alimentare) del 38%, mentre il secondo si attesta su una crescita del 24%, in linea con la crescita dello scorso anno.
Lo scontrino medio dei siti e-commerce italiani è di 134,9 euro con forti differenze tra settori. L’Editoria è il settore con scontrini più limitati (39 euro) mentre l’Arredamento ha lo scontrino medio più elevato (214 euro).
Il 2022 vedrà ancora cambiare i rapporti di forza con un probabile exploit del Turismo che oltre a riprendere le quote di mercate perse sul campo del lockdown deve ancora beneficiare dei 3,5 milioni di utenti internet aggiuntivi che gli ultimi due anni ci hanno portato.
In media un sito di e-commerce italiano prevede per il 2022 di crescere del 34,7% in termini di fatturato. A stimare una maggiore crescita è il comparto del Turismo (+60%) che spera in una ripresa post emergenza sanitaria, seguito da Salute e Bellezza (+49%) che ha visto soprattutto il farmaceutico sdoganarsi online e allargarsi ora a prodotti non direttamente correlati al coronavirus. A seguire si prevede cresceranno di più Alimentare (+37%), Moda (+36%), Casa-Ufficio e Arredamento (+31%), Elettronica di consumo (+28%), Centri commerciali online (+10%) e infine, con una crescita più contenuta, Tempo libero (+7%) ed Editoria (+2%).
Tra i principali obiettivi della strategia digitale, che si pongono le aziende intervistate per il 2022, compaiono: per il 59% aumentare il profitto/fatturato, 45% l’obiettivo di acquisire nuovi clienti, per il 36% fidelizzare gli attuali, per il 28% aumentare l’awareness, per il 24% guadagnare quote di mercato rispetto ai competitor (in particolare per il settore Casa-Ufficio e Arredamento) , mentre per il 4% altri obiettivi.
Il fatturato è ancora principalmente derivato dal proprio sito (69,5%), tuttavia la percentuale degli altri canali si sta alzando in modo importante, in particolare dai marketplace (17,8%).
In cima alla lista dei top 100 siti di e-commerce italiani più popolari ci sono i marketplace che stanno investendo tutto sul servizio: è un settore molto concentrato e infatti rappresentano il 16% degli operatori in classifica, tuttavia rimangono in testa occupando tutto il podio.
I produttori stanno iniziando a posizionarsi nel mondo dell’e-commerce e rappresentano il 35% degli operatori in classifica (pos. media 46). Molti avevano creato un canale e-commerce sperimentale, ma dopo la pandemia i volumi hanno iniziato a giustificare la gestione del rischio del conflitto con altri canali. A rimanere schiacciati tra i due sono i retailer, una volta al centro del modello di business on line, che oggi – nonostante rappresentino ancora circa metà degli operatori in classifica – non riescono più a conservare le prime posizioni. Per questo motivo alcuni retailer stanno iniziando a evolvere il loro modello di business come Decathlon che dallo scorso anno ha iniziato a trasformarsi in marketplace presentando sul proprio sito anche prodotti di partner per diventare il principale punto d’ingresso al mondo degli articoli sportivi.
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